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Tutto quello che avresti voluto sapere sul coaching e non hai mai osato chiedere! Secondo l'International Coaching Federation (ICF), il coaching è una partnership con il cliente (individui e team) che attraverso un processo creativo stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Per farlo, il coach si avvale delle proprie competenze e strumenti: si concentra su ciò che il cliente dice e non dice, per supportare l'auto-espressione e l’esplorazione; facilita le intuizioni e l'apprendimento del cliente utilizzando domande, silenzio, metafore, analogie...   Ma perché intraprendere un percorso di coaching?   Il coaching porta anzitutto a una crescita di consapevolezza. Grazie ad esso, si può diventare più consapevoli di tutto, potenzialmente! Delle proprie emozioni, dei propri pensieri e dei propri comportamenti, e di come si combinino tra loro originando schemi ricorrenti; dei propri bisogni, priorità, valori e obiettivi; dei punti di forza e delle skill da nutrire. Grazie al coaching ciascuno di noi può scoprire nuovi mondi e nuovi modi (di esplorare, pensare, fare…). Ma il coaching non accresce solo la consapevolezza di sé: può essere un valido supporto anche nell’accrescere la consapevolezza dell'altro. Il coaching ci può aiutare a comprenderne a fondo il linguaggio, le emozioni, gli schemi…a valutare l’impatto che i nostri comportamenti possono avere su chi è in relazione e a scegliere, di conseguenza, cosa fare (e come fare), per avvicinarci all’impatto che desideriamo. Quante volte ci è capitato di avere comportamenti disallineati rispetto alle esigenze degli altri (ascoltando poco; dando scarsi riconoscimenti; prendendoci tutta la scena…) e poi sentirci frustrati perché non abbiamo ricevuto la loro collaborazione nel momento del bisogno? Oppure di restare fermi, aspettando che fossero gli altri a fare, perché “era giusto così”, perché “dovevano pensarci”…, finendo con il non ottenere nulla? Il coaching ci offre l'opportunità di riflettere prima di agire, di riflettere sul perché non stiamo agendo; di definire strategie costruttive; ci supporta nel riconoscere e allenarci a gestire le nostre emozioni, a sviluppare le nostre abilità di comunicazione, a creare relazioni (e opportunità) personali e professionali sane e soddisfacenti. E’ cosi che il coach, attraverso domande, feedback e altri strumenti, accompagna il cliente (individuo e team) a trasformare la consapevolezza, l'apprendimento e l'intuizione in azioni. Il coachig libera potenza. Il coaching libera potenziale. Il coaching libera…portando il focus, mettendo l’accento sul presente (il tanto citato “qui e ora”). Il coaching usa il passato come lezione di vita: non ha la pretesa di risolvere ciò che è già stato, che è, appunto, passato, andato, chiuso, su cui non possiamo più agire ma da cui possiamo rimanere bloccati, se il nostro pensiero resta li a crogiolarsi…a interrogarsi….Ci permette invece di guardare al passato per ricavarne apprendimenti utili per il nostro oggi (per gli amanti di Baglioni : la vita è adesso), a servizio di una costruzione consapevole del nostro futuro. Ci accompagna a comprendere come procedere un passo alla volta, verificando l’efficacia delle nostre azioni e l’adeguatezza delle nostre risorse rispetto ai nostri obiettivi, permettendoci così, gradualmente, di raggiungere la nostra meta, oppure, di scorgere, un progresso dopo l’altro, da una nuova visuale, una nuova meta, più rilevante per noi. Prova a immaginare di essere a bordo di un treno ad alta velocità: certo, arriverai rapidamente alla meta ma di cosa potrai accorgerti nel tragitto? Vedrai panorami? Scoprirai mete intermedie che potrebbe valere la pena di visitare? Avrai tempo sufficiente per goderti il viaggio? No. A bordo di un treno regionale, invece, potrai provare impazienza. Ma avrai ‘opportunità di osservare i numerosi panorami che si susseguono; potrai vedere come cambiano, godere dell’ispirazione della molteplicità di scenari e prospettive. Potrai decidere che, forse, una fermata in più per esplorare, ti potrebbe piacere e servire. Potrai scegliere con più lucidità. C’è un però. Prima di avviare un percorso di coaching, è bene che si concordi sulle reciproche responsabilità (tema cardine nelle competenze del coach). Da coach lo ricordo ogni volta: posso accompagnare te o il tuo team a vedere che c'è una porta, a scoprire come aprirla con gli strumenti che hai a disposizione, a comprendere gli eventuali ostacoli e identificare come superarli… ma la scelta finale di aprire la porta e varcare la soglia spetta solamente a te. In questo, per me, sta la bellezza del coaching : promuovendo l'autonomia del cliente, creando Indipendenza, perché ciascuno di noi ha i suoi strumenti, basta solo avere voglia di scoprirli e metterli in azione!

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La prospettiva della mancanza e quella dell’abbondanza “Se potessi avere una casa più grande, non ci sarebbe tutto questo disordine. E poi, se avessi più soldi, altro che questi mobili …beato Marco che si può permettere di comprarsi anche il tavolo in cristallo, fatto da un artigiano” “Se fossi più magro, farei meno fatica a trovare abiti adatti a me” “Con la vita che faccio posso vedere i miei amici solo una volta al mese” “Non sono riuscito ad avere quel posto da dirigente” “Le uniche persone che ancora frequento sono Lucia e Giovanni”  _______________________ “Ho una casa. Piccola ma ho una casa. Ed è stata una conquista. Sono anche riuscita ad arredarla. Certo, magari i miei mobili non sono di gran lusso ma fanno il loro dovere e mi permettono di sentirmi circondata da qualcosa che mi rispecchia e mi accoglie” “Beh, non sarò magro ma mi gusto la vita! E poi, ora, si trovano più facilmente i pantaloni che in cintura hanno anche l’elastico, il che mi fa sentire più comodo e a mio agio, anche con qualche chilo in più” “Nonostante abbia un lavoro impegnativo e tanti impegni di famiglia, riesco anche a organizzare qualche cenetta e qualche weekend insieme agli amici. Li vedo ogni mese!” “Anche se non sono ancora riuscito a diventare dirigente so che lavoro bene e mi rende orgoglioso lasciare la mia impronta in ciò che faccio” “Lucia e Giovanni riempiono la mia vita: so che posso contare su di loro e mi sono vicini. Non è da tutti avere qualcuno che ci tiene davvero”   L’hai già notato, vero? Le frasi del primo blocco e quelle del secondo blocco raccontano esattamente la stessa situazione. Cosa le rende cos' diverse? La prospettiva.   Le prime frasi guardano la vita dalla prospettiva della mancanza: il focus è su ciò che non abbiamo Le seconde guardano la vita dalla prospettiva dell’abbondanza: il focus è ciò che abbiamo.   Se nutriamo la prospettiva della mancanza sarà sempre più complesso essere soddisfatti, gioire: troveremo sempre un buon motivo per non farlo. E con grande probabilità riusciremo anche a sabotare i momenti belli che ci si pareranno di fronte…sino a non notarli neanche più, tanto saremo carichi della frustrazione e dello sconforto che noi stessi avremo alimentato. Se nutriamo, invece, la prospettiva dell’abbondanza, giorno dopo giorno ci accorgeremo sempre di più di tutto il bello che abbiamo a portata di mano, di quanto possiamo essere grati e di quanto sia bello essere grati. La gratitudine alimenta il nostro senso di pienezza, soddisfazione, gioia. E alimenta pienezza, soddisfazione, gioia anche in chi sta vicino a noi.   Una prospettiva di abbondanza non solo ci aiuta ad apprezzare ciò che abbiamo, ma ci offre anche la possibilità di cogliere nuove opportunità, trovare soluzioni creative e superare le difficoltà con una mentalità aperta, curiora, vivace e risoluta. E può anche impattare positivamente sulla nostra salute mentale e fisica!   Possiamo scegliere se sorridere alla vita o lasciare che il nostro sorriso si spenga. Possiamo scegliere se portare luce o ombra. Possiamo scegliere che occhiali indossare quando ci guardiamo dentro e ci guardiamo attorno.   Se ci regaliamo ogni giorno anche un solo momento per apprezzare ciò che abbiamo ci renderemo conto di quanto siamo ricchi e ci sentiremo sereni, potenti e persino felici.  

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SCACCO MATTO: Raggiungere gli obiettivi attraverso la scelta Nel mondo degli scacchi, lo scacco matto è il risultato ultimo di riflessioni, strategie, decisioni. Una partita a scacchi è un po’ come la vita: ci troviamo costantemente di fronte a scelte e, per arrivare al nostro traguardo, spesso, dobbiamo lasciare qualcosa sul campo. Ogni decisione, che si tratti di accettare un nuovo incarico (lasciando il precedente), dedicare tempo a un progetto (sottraendone inevitabilmente a noi stessi, alle relazioni, ad altri progetti) o investire in una relazione (più che in altre), implica una rinuncia. Difficile da accettare? Molto. Ma fondamentale se vogliamo davvero andare da qualche parte, arrivare a qualcosa…sull’altra sponda della scacchiera. A onor del vero, pare che esistano, però, partite in cui un giocatore riesce a vincere senza sacrificare alcun pezzo. Spesso si tratta di partite didattiche o di livello “basso”. Anche nella vita, quando la posta in gioco non è così alta (basso investimento emotivo, economico, di tempo…), non percepiamo il sacrificio. Non sentiamo di dover rinunciare a qualcosa per andare altrove. Pare che, però, anche tra le partite di scacchi più famose, ci siano esempi simili. Bobby Fischer, nel campionato del mondo del 1972, a Reykjavik, riuscì a imporsi su Boris Spassky,  senza sacrificare alcun pezzo. Fischer sfruttò la superiorità posizionale, la strategia e una attentissima pianificazione. Possiamo quindi dire che è possibile vincere senza “sacrificare” nulla anche nelle sfide più complesse? Forse Fischer non lasciò pezzi pezzi sul campo! Ma quanta energia dovette investire nella partita? E prima? Nel pianificare, nel (pre)vedere, in modo quasi ossessivo?  Per la maggior parte di noi, il percorso verso il successo, l’impegno per “far accadere cose” richiede sacrifici: di tempo, energia, relazioni, opportunità…Ahinoi, non possiamo avere tutto, tenere tutto… E allora? Non ci resta che dare il benvenuto alla SCELTA, chiamandola con il suo nome. Quando rinunciamo a qualcosa, quando lasciamo andare un pezzo dei nostri scacchi, ricordiamoci che stiamo scegliendo di farlo per avere qualcos’altro, per andare da qualche altra parte, per seguire la nostra strada …in relazione alle circostanze. Focalizziamoci su ciò che stiamo costruendo e non su ciò che lasciamo indietro; diamo il benvenuto all’investimento (NON al sacrificio!) di energia, tempo, relazioni…perché questo investimento ci permette di costruire qualcosa che per noi è più importante. E poi, facciamo la nostra mossa, il primo passo, per vedere come va… per adeguare di volta in volta la tattica, cosicché possa sostenere la strategia e la visione. Procediamo riconoscendo quali pedine siamo disposti a lasciare sul campo e andiamo avanti senza rimuginare: quando la mossa è fatta ciò che di più utile possiamo mettere in campo è pensare alla mossa successiva. Prepariamoci a giocare la nostra partita, consci del fatto che ogni mossa conta e ogni scelta, facile o difficile, ci può avvicinare al nostro scacco matto. Accettiamo le sfide e prepariamoci a vincere!  

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VOCE ALTA, MESSAGGIO BASSO Alzare la voce può essere utile in alcune situazioni specifiche, ma è importante farlo con attenzione e consapevolezza.   In caso di emergenza, di pericolo, urlare è sicuramente una scelta funzionale: ci aiuta ad attirare l’attenzione per avere soccorso; ad allertare per proteggere; a spaventare (i malintenzionati) per allontanare… Alzare la voce può poi essere necessario per comunicare in ambienti rumorosi, come ai concerti, a feste affollate; può essere adatto per dare la carica in contesti sportivi, per sottolineare un passaggio di particolare rilievo in un discorso pubblico…urlare di gioia può essere positivamente contagioso!   Resta il fatto che la ‘voce alta’ vada usata con parsimonia e sempre con l'intenzione di migliorare la comunicazione, non di intimidire o di dare sfogo (in un contesto sociale) a una reazione. In questi casi, infatti, alzare la voce raramente porta a farci ascoltare.   Quante volte ti è capitato di sentire un superiore o un collega alzare la voce nella frustrazione di un progetto in ritardo, di un errore nei dati, in una riunione all’accendersi del dibattito?Quante volte in famiglia hai sentito alzare la voce (o l’hai alzata) perché tuo figlio non ha fatto i compiti, il tuo compagno ha lasciato disordine in casa, hai ricevuto una risposta sgradevole in un litigio? Quante volte hai sentito alzare la voce (o l’hai alzata) per far prevalere la tua opinione su una diversa dalla tua?   In casi come questi, se alziamo la voce generalmente l’altro si chiude. Si isola.   Perché, se ‘ci urlano addosso’ troppo spesso, la nostra attenzione si sposta dal messaggio al fastidio, che il rumore ci procura. E allora, ci dotiamo di tappi per le orecchie, chiudendoci in un silenzio protettivo. E ci restiamo probabilmente anche quando il nostro interlocutore alza la voce realmente per allertarci, risultando noi più esposti a rischi e il nostro interlocutore meno efficace.   Se vogliamo essere ascoltati, abbassiamo allora il volume e iniziamo ad ascoltare, per primi.   Ascoltiamo non solo le parole ma anche i gesti, le espressioni del volto, le emozioni… Ascoltiamo con attenzione. E con intenzione, evitando di farci trasportare, schiacciare, dalle reazioni, dalla fretta, dalla voglia di risolvere.   Cerchiamo di comprendere di cosa ha bisogno l’altro, cosa è disposto ad accogliere, costruendo ponti. Solo così potremo creare uno spazio di dialogo costruttivo, incontrandoci magari, intanto, a metà della via, facendo del bene a noi stessi, ai nostri team, ai nostri cari.  

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Team Coaching e Group Coaching: perché le aziende devono farlo anche nei momenti di successo Nelle organizzazioni, il coaching è spesso richiesto per affrontare sfide accompagnare alla trasformazione  gestire i conflitti migliorare la comunicazione  sviluppare e rafforzare le relazioni interpersonali Ma nei periodi di apparente successo e fluidità nei processi, il coaching viene frequentemente trascurato. Per garantire una crescita sostenibile nel tempo alle nostre organizzazioni (e a noi stessi!) è invece fondamentale continuare a lavorare sul potenziale delle nostre persone, anche quando tutto sembra procedere per il verso giusto. Abituarsi al successo può infatti portare alla stagnazione, come ci insegna l’ emblematico caso di Kodak. Negli anni '90, Kodak dominava il mercato della fotografia con il suo modello di business basato sulla pellicola. Sicura del suo predominio, non considerò adeguatamente le nuove prospettive, il che la condusse al declino, culminato con la bancarotta del 2012.   Anche quando percepiamo che nulla ci possa scalfire, è dunque cruciale non adagiarsi sugli allori. Dobbiamo interrogarci costantement  se stiamo esplorando adeguatamente contesto, opportunità e risorse  se stiamo esprimendo tutto il potenziale a nostra disposizione Ignorare il coaching in questi frangenti può esporci a rischi inaspettati, rendendoci vulnerabili…a esempio ai cambiamenti del mercato.   Nei momenti di successo, inoltre, è importante porre ancora più attenzione del solito a un fenomeno in cui gruppi e team spesso incorrono: il "Group Think". Il "Group Think", un concetto sviluppato dallo psicologo Irving Janis negli anni '70, si manifesta nella prevalenza del consenso sulla valutazione critica delle alternative. Alcuni dei suoi indicatori tipici sono: le pressioni sui dissenzienti, esplicite o implicite l’autocensura, per cui i membri del gruppo tendono a sovrastimare il grado di consenso e ad autocensurare le proprie osservazioni l’Illusione di unanimità, per cui la mancanza di dissenso viene interpretata come una prova di consenso l’illusione di invulnerabilità, che porta a sottovalutare i rischi la razionalizzazione, per cui vengono ignorati i segnali di allerta, cercando di giustificare le decisioni prese la visione stereotipata degli avversari:  chi si oppone viene etichettato negativamente Questi ultimi tre aspetti in particolare, si possono amplificare nei periodi di successo, quando i membri del team si sentono sicuri delle proprie decisioni, il che può portare a criticità estreme, come nel caso di Kodak: nuove idee e potenziali rischi vengono sistematicamente trascurati.   Rispetto al Group Think , il coaching può svolgere un ruolo cruciale per: Creare spazi sicuri per il dialogo: favorendo un ambiente in cui le persone si sentano libere di esprimere opinioni dissenzienti senza timore di ritorsioni. Valorizzare la diversità: non solo in termini di background culturale o professionale, ma anche rispetto agli stili di pensiero. Stimolare il dibattito: incoraggiando i membri a mettere in discussione le idee prevalenti. Tenere il focus sugli obiettivi: contrastando le tendenze al conformismo.   Investire nel coaching, dunque,  non solo promuove la crescita individuale, ma ha anche il potere di trasformare le dinamiche di gruppo, portando a decisioni più informate e risultati migliori. Ci aiuta a garantire che le nostre organizzazioni siano pronte a cogliere le opportunità future, massimizzando realmente il loro potenziale: è un'opportunità per prepararci a sfide future, assicurando che l'organizzazione rimanga competitiva nel lungo termine. Il coaching è una risorsa strategica che deve essere sfruttata non solo nei momenti di crisi, ma anche nei periodi di successo, per costruire un futuro prospero.  

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Natale nel cuore: un caleidoscopio di emozioni La "magia del Natale" evoca meraviglia, sorpresa, incanto.   Il Natale è un’esplosione di luci, decorazioni scintillanti, alberi addobbati e presepi che raccontano storie antiche. È un periodo di storie fantastiche, di renne e slitte, di Grinch e fabbriche di cioccolato, di canzoni, di film da guardare dal divano, con la coperta morbida a scaldarci e camini accesi. È il profumo di biscotti appena sfornati, il fruscio delle cartelle della tombola e l'atmosfera di feste di beneficenza. È celebrazione e ripetizione di tradizioni che creano connessione: dall'apertura dei regali alla preparazione di cibi speciali, fino alle cerimonie religiose che uniscono le famiglie. Il Natale è i ricordi dell'infanzia, che portano con sé il profumo della meraviglia, della festa, della sorpresa…del sentirci parte di un tutto più grande. Il Natale é (ri)connessione, anche con noi stessi: attraverso la riflessione e l’introspezione possiamo dischiudere speranza e rinnovamento.   Le emozioni che proviamo a Natale si intrecciano e si sovrappongono, come le forme e i colori di un caleidoscopio.   A Natale c’è la gioia degli incontri, dei regali scelti con amore, delle risate che risuonano nelle stanze, del giocare, del fare insieme. C’è la compassione, la generosità del condividere cibo, ascolto, calore, accoglienza…anche con chi non appartiene alla stretta cerchia dei nostri amici o famigliari, con chi sta attraversando momenti difficili. Ma a Natale ci sono anche la nostalgia dei ricordi, la malinconia dell’assenza di chi non può (piu) festeggiare con noi; il senso di colpa verso le persone a cui è stata tolta la serenità di poter gioire; la tristezza della solitudine e della malattia, fisica e mentale; lo stress dell’organizzazione. L’ansia per le aspettative può poi generare timore di delusioni; il conflitto interno tra la necessità di bilanciare relazioni lavorative e familiari può far crescere la tensione.   Il Natale è ricco di emozioni differenti e persino contrastanti, per ognuno di noi. Per viverlo appieno è fondamentale riconoscere e dare il benvenuto a tutte queste emozioni, sia quelle piacevoli che quelle spiacevoli, imparando a condividere tanto la gioia quanto la malinconia, tanto la festosità quanto il senso di impotenza, per viverne, in modo ancora più profondo, la magia.   Accogliere le nostre emozioni e accogliere, in senso ampio, ci rende umani. Liberare le nostre emozioni e liberare, in senso ampio, ci rende umani. (Per)donare e (per)donarci ci rende umani.   Il mio augurio per questo Natale è che l’umanità si risvegli in ciascuno di noi e che voglia risplendere, così da illuminare a festa ogni casa nel mondo.

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Epifania e coaching: trasformarsi nell'accoglienza L'Epifania, celebrata il 6 gennaio, è una festività ricca di significati e tradizioni che si intrecciano attraverso la storia. La parola "Epifania" deriva dal greco e significa "manifestazione" o "apparizione". Nella tradizione cristiana rappresenta la rivelazione di Gesù Cristo ai Magi, simbolizzando un momento di grande importanza spirituale e di ricerca. Il suo culto si intreccia poi, probabilmente dal Medioevo, con la tradizione della Befana che porta dolcetti e carbone ai bambini, richiamando, nell’immaginario popolare, la ricerca del bene e della giustizia. Viene celebrata in vari modi, con tradizioni che variano da paese a paese. In Italia segna la fine delle festività natalizie. Come diceva mia nonna: “L’Epifania, tutte le feste si porta via”.     Epifania e coaching L'Epifania rappresenta un momento di rivelazione, un'esperienza di apertura e di scoperta, che risuona profondamente con l'essenza del coaching. Ci invita a riflettere non solo sul significato della manifestazione divina, ma anche sul potere trasformativo di ciò a cui riusciamo accedere attraverso la riflessione. Il coaching è un processo di sviluppo personale e professionale che si basa su una relazione di fiducia tra il coach e il coachee, in cui il coach funge da facilitatore, supportando il coachee nel suo cammino di auto-scoperta. Proprio come i Magi hanno intrapreso un lungo viaggio per seguire la stella che li avrebbe condotti a Gesù, il coachee è invitato a percorrere un sentiero di esplorazione interiore, dove la consapevolezza di sé diventa la luce che illumina il suo cammino. L'incontro tra i Magi e il Bambino Gesù è un evento carico di simbolismo: rappresenta l'accoglienza dell'ignoto e la capacità di riconoscere il sacro nelle nuove esperienze. Questo momento di rivelazione segna l'inizio di un cambiamento profondo nelle loro vite. Il viaggio dei Magi non è solo fisico, ma porta con sé anche una evoluzione interiore, un'apertura a nuove prospettive e a un rinnovato senso di scopo. Analogamente, nel coaching, la trasformazione avviene quando il coachee è disposto a nutrire nuove prospettive, ad accogliere le proprie emozioni, a valorizzare le proprie unicità e ad abbracciare la vulnerabilità e l’ignoto come parte del processo di crescita. Il coach sostiene il coachee nell’esercizio dell'empatia, non solo verso gli altri, ma anche verso sé stesso: la compassione e l'accettazione sono fondamentali per il benessere psicologico. Il coaching è dono, a noi stessi e agli altri: ci accompagna a vedere il nostro potenziale e a farlo risplendere; trasforma la nostra energia e il nostro impatto.   So what? Celebrando l'Epifania, possiamo trarre ispirazione per ascoltare la nostra voce interiore, promuovere il benessere e il successo, per noi stessi e per gli altri e costruire relazioni autentiche, con il sostegno di curiosità, apertura e accoglienza. L’Epifania è quindi un invito a riflettere sul nostro percorso personale e professionale, incoraggiandoci non soltanto a cercare la luce dentro di noi, ma anche a condividerla con il mondo; il coaching un mezzo per coltivare il benessere individuale e collettivo. In un mondo in cui spesso ci sentiamo disconnessi e isolati, l'arte del coaching e il messaggio dell'Epifania ci invitano a riscoprire il potere delle connessioni umane, per noi stessi e per gli altri.

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Le emozioni sono sempre positive! Le emozioni sono guide preziose che ci accompagnano nel viaggio della vita: ognuna porta infatti con sé un messaggio, che ci sa indicare la direzione da prendere.   ⇒ La gioia, ad esempio, ci mostra ciò che dobbiamo continuare a coltivare ⇒ la paura, ci avverte che c’è qualcosa a cui prestare attenzione, preparandoci a fronteggiare situazioni potenzialmente critiche, difficili.   Nonostante possano manifestarsi in forma piacevole o spiacevole, in modo più o meno intenso, le emozioni sono utili e funzionali, se siamo disposti ad aprirci ad esse e apprendere dalla loro saggezza.   ♥ Le emozioni, dunque, sono sempre positive.   Una  leggenda Cherokee narra che in noi vivono due lupi: uno bianco, gentile, mite, equilibrato; l'altro nero, aggressivo, rumoroso, pauroso. Se scegliamo di nutrire solo il lupo bianco, quello nero, sentendosi messo da parte e affamato, aspetterà in agguato e sarà pronto ad aggredire con vigore crescente, per farci vedere che esiste e che merita di essere ascoltato, perchè anche lui ha qualcosa da darci, perchè anche lui viaggia con noi, ogni giorno.  Se invece nutriamo enrambi i lupi, ognuno rispetterà il suo spazio e ci regalerà la sua presenza, al bisogno.    Come è importante che prestiamo attenzione  sia al lupo bianco che al lupo nero, così è importante che prestiamo attenzione a ogni emozione, sia essa piacevole o spiacevole.  Le emozioni che respingeremo, infatti, reprimendole o ignorandole, alzeranno sempre di più la voce,  per farsi ascoltare, sino a travolgerci.    Ascoltare, riconoscere e accogliere le nostre emozioni, ci permette di farle lavorare con noi, per il nostro benessere e il nostro successo: le emozioni sono infatti un ponte tra noi e il mondo, tra la nostra mente e il nostro corpo, tra noi stessi e gli altri.       Se vuoi saperne di più sulle emozioni e sull'intellogenza emotiva, contattami per unirti alla prossima edizione del Master in gestione delle emozioni "The Emotional Bridge" (in partnership con la scuola do coaching "Evolutionary Coaching School) - dedicato ai coach professionisti e ai manager d'azienda percorsi formativi e di coaching personalizzati test di intelligenza emotiva iscriverti alla newsletter gratuita "intelligenza liquida"

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