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Tutto quello che avresti voluto sapere sul coaching e non hai mai osato chiedere! Secondo l'International Coaching Federation (ICF), il coaching è una partnership con il cliente (individui e team) che attraverso un processo creativo stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Per farlo, il coach si avvale delle proprie competenze e strumenti: si concentra su ciò che il cliente dice e non dice, per supportare l'auto-espressione e l’esplorazione; facilita le intuizioni e l'apprendimento del cliente utilizzando domande, silenzio, metafore, analogie...   Ma perché intraprendere un percorso di coaching?   Il coaching porta anzitutto a una crescita di consapevolezza. Grazie ad esso, si può diventare più consapevoli di tutto, potenzialmente! Delle proprie emozioni, dei propri pensieri e dei propri comportamenti, e di come si combinino tra loro originando schemi ricorrenti; dei propri bisogni, priorità, valori e obiettivi; dei punti di forza e delle skill da nutrire. Grazie al coaching ciascuno di noi può scoprire nuovi mondi e nuovi modi (di esplorare, pensare, fare…). Ma il coaching non accresce solo la consapevolezza di sé: può essere un valido supporto anche nell’accrescere la consapevolezza dell'altro. Il coaching ci può aiutare a comprenderne a fondo il linguaggio, le emozioni, gli schemi…a valutare l’impatto che i nostri comportamenti possono avere su chi è in relazione e a scegliere, di conseguenza, cosa fare (e come fare), per avvicinarci all’impatto che desideriamo. Quante volte ci è capitato di avere comportamenti disallineati rispetto alle esigenze degli altri (ascoltando poco; dando scarsi riconoscimenti; prendendoci tutta la scena…) e poi sentirci frustrati perché non abbiamo ricevuto la loro collaborazione nel momento del bisogno? Oppure di restare fermi, aspettando che fossero gli altri a fare, perché “era giusto così”, perché “dovevano pensarci”…, finendo con il non ottenere nulla? Il coaching ci offre l'opportunità di riflettere prima di agire, di riflettere sul perché non stiamo agendo; di definire strategie costruttive; ci supporta nel riconoscere e allenarci a gestire le nostre emozioni, a sviluppare le nostre abilità di comunicazione, a creare relazioni (e opportunità) personali e professionali sane e soddisfacenti. E’ cosi che il coach, attraverso domande, feedback e altri strumenti, accompagna il cliente (individuo e team) a trasformare la consapevolezza, l'apprendimento e l'intuizione in azioni. Il coachig libera potenza. Il coaching libera potenziale. Il coaching libera…portando il focus, mettendo l’accento sul presente (il tanto citato “qui e ora”). Il coaching usa il passato come lezione di vita: non ha la pretesa di risolvere ciò che è già stato, che è, appunto, passato, andato, chiuso, su cui non possiamo più agire ma da cui possiamo rimanere bloccati, se il nostro pensiero resta li a crogiolarsi…a interrogarsi….Ci permette invece di guardare al passato per ricavarne apprendimenti utili per il nostro oggi (per gli amanti di Baglioni : la vita è adesso), a servizio di una costruzione consapevole del nostro futuro. Ci accompagna a comprendere come procedere un passo alla volta, verificando l’efficacia delle nostre azioni e l’adeguatezza delle nostre risorse rispetto ai nostri obiettivi, permettendoci così, gradualmente, di raggiungere la nostra meta, oppure, di scorgere, un progresso dopo l’altro, da una nuova visuale, una nuova meta, più rilevante per noi. Prova a immaginare di essere a bordo di un treno ad alta velocità: certo, arriverai rapidamente alla meta ma di cosa potrai accorgerti nel tragitto? Vedrai panorami? Scoprirai mete intermedie che potrebbe valere la pena di visitare? Avrai tempo sufficiente per goderti il viaggio? No. A bordo di un treno regionale, invece, potrai provare impazienza. Ma avrai ‘opportunità di osservare i numerosi panorami che si susseguono; potrai vedere come cambiano, godere dell’ispirazione della molteplicità di scenari e prospettive. Potrai decidere che, forse, una fermata in più per esplorare, ti potrebbe piacere e servire. Potrai scegliere con più lucidità. C’è un però. Prima di avviare un percorso di coaching, è bene che si concordi sulle reciproche responsabilità (tema cardine nelle competenze del coach). Da coach lo ricordo ogni volta: posso accompagnare te o il tuo team a vedere che c'è una porta, a scoprire come aprirla con gli strumenti che hai a disposizione, a comprendere gli eventuali ostacoli e identificare come superarli… ma la scelta finale di aprire la porta e varcare la soglia spetta solamente a te. In questo, per me, sta la bellezza del coaching : promuovendo l'autonomia del cliente, creando Indipendenza, perché ciascuno di noi ha i suoi strumenti, basta solo avere voglia di scoprirli e metterli in azione!

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Il calcio per ipovedenti: cosa ci insegna su teamwork e talenti? Ho scoperto l’esistenza del calcio per ipovedenti seguendo le paralimpiadi. È uno sport che mi ha affascinata perché mostra come: -          andare oltre le convenzioni -          nutrire i propri talenti -          allenare una visione sistemica possano condurre a risultati straordinari!    Nel calcio per ipovedenti ⇒La palla è dotata di un dispositivo che emette un segnale acustico. -          Il suono è integrato per aiutare i giocatori a individuarla durante la partita   La palla risulta uno strumento adeguato, poiché rivista rispetto allo standard in relazione al contesto   ⇒ Il portiere è l’unico giocatore vedente   -          Il portiere, vedente, può guidare la squadra nell’organizzare la difesa, ottimizzando la disposizione in campo.   La sua comunicazione risulta efficace se attiva la voce (dando indicazioni, es.: “un passo più a destra”, “due passi indietro” …) e il tatto (orientando con tocchi e movimenti i compagni di squadra), perché voce e tatto veicolano messaggi che i giocatori (i riceventi, nella comunicazione) possono comprendere e sulla cui base possono agire.   Il portiere, dunque, acquisisce informazioni con le proprie abilità (tra cui quella visiva) e le trasferisce secondo i mezzi e il modello ricettivo della squadra a cui il messaggio è destinato, NON secondo il proprio!   ⇒ La guida è un membro del team che resta esterno al campo da gioco -          la guida indirizza gli attaccanti con la voce -          e, dietro la porta avversaria, restituisce indicazioni sonore battendo sui pali, per far comprendere, a chi è pronto a realizzare, l’area all’interno della quale indirizzare il pallone - La guida, come il portiere, comunica facendo leva sull’udito dei compagni di squadra e anche sul loro senso di spazialità (che viene allenato con costanza e profondità da ogni giocatore).   Cosa possiamo imparare dal calcio paralimpico? Cosa possiamo portare nella gestione della nostra attività lavorativa? E nella vita privata? Io ci ho visto questo: -          è fondamentale nutrire le nostre attitudini, i nostri talenti (a partire da un uso sempre più consapevole e ricco dei nostri sensi!) per cogliere il maggior numero di informazioni utili per raggiungere l’obiettivo di team (nel caso del calcio paralimpico vanno nutrite spazialità, coordinazione, feedback, comunicazione assertiva, concentrazione, ascolto attivo…) -          per essere chiari e comprensibili dobbiamo usare mezzi, linguaggio e stile di comunicazione appropriati alla situazione e alla controparte…costruire una lingua comune condivisa da tutti i membri (e questo va fatto insieme, tenendo presenti le caratteristiche uniche e i bisogni specifici di ogni persona) -          ciascuno ha un suo ruolo in un team, che va rispettato per raggiungere il successo: la guida deve fare la guida e stare fuori dal campo perché, se giocasse non potrebbe dare indicazioni utili agli altri, che potrebbero trovarsi disorientati di fronte alla porta. Gli piacerebbe entrare in campo? Forse si. Sarebbe funzionale al team? No! Quando ognuno fa la sua parte e mantiene il suo posto, si possono raggiungere traguardi insieme che altrimenti sarebbero inaccessibili.   E tu cosa ci vedi?  

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Pronti per attraversare? La transizione nell’età di mezzo La trasformazione è un fenomeno che coinvolge tutte le età della nostra vita, ma è nella fascia compresa tra i 40 e i 60 anni che essa assume un'importanza particolare. In questo periodo, infatti, accadono molte cose che possono mettere a dura prova la nostra forza interiore: -          l’età della pensione si avvicina -          sentiamo di avere meno forze e risorse per il futuro -          può essere difficile rapportarci con organizzazioni che ringiovaniscono nell’organico: diminuisce il potenziale di socialità; calano gli stipendi medi rendendoci “costosi” rispetto alla media; la forza e la determinazione personale di chi ha ormai una lunga esperienza alle spalle può risultare critica, complessa da gestire -          non è più così immediato pensare di poter cambiare lavoro, passando da una azienda all’altra, perché troppo qualificati, non nativi digitali, costosi -          le continue negoziazioni con i figli adolescenti ci frustrano -          l’abbandono del nido dei figli che iniziano la propria vita adulta ci dà un senso di vuoto -          la fatica e l'impegno richiesti dal diventare "care giver" dei nostri cari, ormai anziani, sono drenanti energetici ed emotivi   Se ti trovi nell’”età di mezzo”, sai di certo che quelli che hai letto qui sopra sono solo alcuni esempi della complessità e dell’incertezza che caratterizzano questa fase della vita, in cui il nostro equilibrio può facilmente vacillare, facendoci perdere focus, entusiasmo, benessere. E rendendoci anche meno piacevoli agli altri, perché potremmo apparire schivi, pessimisti, annoiati oppure aggressivi, cinici e saccenti.   L’età di mezzo è una transizione, che avviene comunque, anche se non la gestiamo.     E se non la gestiamo, se ci lasciamo trasportare dalla corrente invece che metterci al timone della nostra barca, il groviglio dei nostri pensieri ed emozioni, l’affanno, il senso di instabilità rischiano di sopraffarci. Se lasciamo che ciò accada non saremo in grado di scorgere le opportunità che, invece, possiamo avere anche in questa transizione, così complicata. Oltre a una buona dose di incertezza, infatti, l’età di mezzo porta con sé anche strumenti e risorse, potenziati in modo unico dall’esperienza. Ed è proprio la saggezza dell’esperienza, maturata negli anni, che ci può offrire la chiave per affrontare con centratura e determinazione le nuove sfide che la vita ci propone.   Ma come fare per abbracciarla e usarla al meglio?   È qui che entra in gioco il coaching! Ti trovi su una sponda di un grande lago. Sai che vuoi arrivare dall’altra parte. Dentro di te, sai anche che puoi farlo. La sponda l’hai già vista. Ti serve solo qualcuno che ti aiuti a trovare ciò che hai per attraversare il lago.   È così che vedo la potenza trasformativa del coaching, fondamentale per i manager nell’età di mezzo: una guida imparziale che ti aiuta a -          esplorare soluzioni che non avevi considerato prima -          ampliare il tuo modo di pensare e valutare nuove opportunità e direzioni da prendere -          comprendere gli ostacoli che potresti trovare, a vedere e affinare gli strumenti per superarli efficacemente -          scoprire nuove prospettive di te stesso -          ritrovare la spinta della motivazione interiore Consapevole dei tuoi strumenti e della loro saggezza potrai affrontare ogni nuova sfida con successo e trasformare ciò che ti sembra un momento confuso, che prelude alla fine di un percorso, in un nuovo entusiasmante inizio.

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Il coaching fa brillare il talento Quando ho iniziato il mio lavoro di coach in molti mi hanno chiesto “Ma esattamente cosa fai? Cos'è un coach?”Ho dato le risposte più varie, cercando di tradurre in parole una professione il cui valore, nella mia opinione, può essere compreso pienamente in tutta la sua potenza, solo con l’esperienza. ICF, l’international Coach Federation, presso cui mi sono certificata come Professional Coach, definisce il coaching e il coach ICF in questo modo: “Il coaching è una partnership con i clienti che attraverso un processo creativo stimola la riflessione ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale”“Un coach ICF accetta di utilizzare le Competenze Chiave ICF e si impegna a rispettare il Codice di Condotta ICF ed esserne responsabile” Io compresi il senso profondo del coaching quando accompagnai una persona bendata per le vie di Milano senza poterle parlare, senza poterla guidare. Anzi, era proprio la persona bendata a decidere il percorso!Questa persona aveva un obiettivo: camminare e godersi la passeggiata.Io avevo un obiettivo: fare in modo che la persona raggiungesse il suo obiettivo, accompagnandola, restituendole dei segnali in momenti importanti, di snodo - per segnalarle ad esempio la presenza di un ostacolo, di un gradino sul suo cammino.Ma non potevo usare la voce, né spingerla o tirarla, perché il percorso era il suo. E suoi gli strumenti (gambe, braccia, olfatto…). Potevo solo dare con la mano una leggera stretta al suo braccio. La persona che accompagnavo a volte non imboccava una strada, nonostante il mio segnale, e andava dritta verso un muro. Ma arrivata al muro la mia stretta al braccio per lei assumeva un altro significato, si caricava di senso perché in quel momento “vedeva” il muro, ne faceva esperienza, e si girava da sola.La sintonia cresceva piano piano, come la fiducia (che era però un prerequisito essenziale dell’esercizio).Fu una esperienza straordinaria. Nel senso letterale: fuori dall’ordinario, quasi magica. Ecco, in quel momento io ero il coach. Il coach è colui che accompagna, facilita la sperimentazione di nuove prospettive e opportunità ma non sceglie la strada. Il coach gestisce il processo, ma non decide gli obiettivi. Le scelte sono del partner: scelte sul se, sul cosa, sul quando e sul come. Il partner ha piena responsabilità e autonomia nel proprio percorso. Il coach fa domande, restituisce sintesi, è lo specchio del coachee. E’ un mezzo, attraverso cui il partner impara a conoscersi meglio, a vedere gli strumenti che ha, a riconoscere gli ostacoli e a superarli.Quando? Ogni volta che c’è qualcosa in gioco: una sfida, una opportunità, il desiderio di ottenere risultati nella vita privata o lavorativa.Il coaching è servizio. Il coaching fa brillare i talenti, che ognuno ha dentro di sé: per questo amo il mio lavoro. Se hai voglia di approfondire il codice etico dei coach con certificazione ICF clicca qui : Codice Etico Se hai voglia di approfondire le competenze chiave del coaching clicca qui: Core Competencies

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Il Modello Talent Up fa risplendere i tuoi talenti Ho fondato il mio brand, Talent Up,  per fare risplendere i talenti: ogni persona ha in sé incredibili talenti da scoprire, nutrire, attivare, per raggiungere i propri obiettivi, siano essi di vita, lavoro o entrambi.    Viviamo in un contesto volatile e ambiguo: non sappiamo neanche cosa accadrà domani, non riusciamo a pianificare e questo genera incertezza. L’incertezza a volte diventa ansia, che ci coglie magari proprio quando andiamo a dormire, quando magari siamo seduti sul divano o anche solo quando guardiamo un telegiornale e veniamo bombardati da messaggi di crisi, da discorsi ricchi di "faremo" "è necessario impegnarsi a..." che restano sospesi, senza tradursi in azioni che abbiano un impatto positivo percepibile.   Ed è lì che la nostra mente inizia a vagare, come una scimmia che non riusciamo ad agguantare. Quello che voglio è lavorare con più serenità, dedicando più spazio alla mia vita personale, agli affetti, alla famiglia, mantenendo delle performance adeguate e rispettose dell’impegno che l’azienda mantiene nei miei confronti? E’ ora che metta l’acceleratore al massimo per dare alla mia azienda anche la mia spinta piena e convinta, mettendo sul piatto tutti i talenti che ho, allenandoli, tirando fuori tutto il mio potenziale?   E’ il momento di provare a costruire qualcosa che mi renda il più appetibile possibile al mercato? Per essere pronto a qualsiasi evenienza, anche a trovare un nuovo lavoro?   Per ognuna di queste domande puoi avere una risposta! Anzi, la risposta ce l’hai già, devi solo aver voglia di guardarla in faccia, darle una struttura e fare il primo passo: da lì il tuo talento brillerà, indipendentemente da tutto. E’ normale sentirsi bloccati, demotivati, stanchi. Ma stare ad aspettare è controproducente. I tuoi muscoli, se non li alleni, si indeboliscono sino ad atrofizzarsi. Lo stesso accade alle tue competenze, ai tuoi talenti, alla tua capacità di fare e di farti valere.    Perché aspettare ancora quando puoi scegliere di  prepararti a vivere al meglio possibile e affrontare ciò che la vita ti propone con più serenità?   Quando ho fondato Talent Up ho pensato proprio a questo. Anche io ho avuto la mia lunga esperienza in azienda. Anche io mi sono sentita instabile. Anche io ho avuto paura. Anche io ho pensato “ma chi me lo fa fare”… Ma poi ho pensato che era la mia vita! E volevo viverla al meglio. Perché dovremmo permettere al nostro talento di essere offuscato dall’inedia e dall’accettazione (perché “tanto cosa vuoi che cambi?”). La nostra vita è nostra. Ci meritiamo di guidarla, di goderla, di viverla da protagonisti.   L'immagine che ho scelto per questo testo, che rappresenta il mio modello, Talent Up (nella sua versione dedicata agli individui, al singolo). E’ un modello in cui ho messo tutta la mia esperienza di manager e coach, che solitamente utilizzo con le aziende, ma che calza perfettamente anche al singolo.     E’ al tempo stesso un approccio strategico, un percorso che attiva vari strumenti combinati in modo unico per ciascun individuo, per accompagnarti a ritrovare la tua centratura, a toglierti il velo dagli occhi e a far brillare i tuoi talenti. Quando i tuoi talenti brillano, il successo di ciò che sta nella corona del modello Talent Up (Satisfaction, Personality, Achievements) aumenta esponenzialmente: ti senti più “definito”, non hai più paura di mostrarti con autenticità; ti senti più soddisfatto, perché la tua voce risuona; la tua nuova energia e il tuo focus ti accompagnano a raggiungere i risultati che vuoi.    Ma come si passa dal centro del modello, il talento, alla corona (Satisfaction, Personality, Achievements)? Usando coaching,  innovazione e consulenza in modo sinergico; integrando più prospettive, in una visione sistemica: l’essere umano è un animale sociale. La relazione è alla base di tutto. Cosa possiamo realmente costruire da soli? E se anche possiamo farlo chi lo apprezzerà? Chi ne parlerà con noi? Chi potrà darci ispirazione per rendere ciò che abbiamo fatto ancora più bello, utile, ricavandone soddisfazione completa?   Senza relazioni non vendi a nessuno. Senza relazioni non puoi comprare nulla. Senza relazioni non puoi imparare nulla.   Io ti aspetto in Talent Up per costruire insieme un presente  e un futuro di possibilità. A te la scelta: scarpe da running o pantofole?

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